L’ORISTANESE
La città di Oristano ha avuto un ruolo da protagonista nel Medioevo: a partire dall’XI secolo si è arricchita di palazzi, fortificazioni e templi cristiani. La maestosa torre di Mariano (o di san Cristoforo) – insieme a sa Portixedda – è la più significativa eredità della cinta muraria che correva attorno all’allora Aristanis, capitale del giudicato d’Arborea. La torre fu costruita (1290) in blocchi d’arenaria ‘riciclati’ dall’antica Tharros, antenata di Oristano, di cui si ammirano i reperti nel museo Antiquarium arborense. In piazza Eleonora spicca il monumento dedicato alla giudicessa promotrice della Carta de Logu, uno dei primi codici di leggi scritte d’Europa. La statua è cinta da edifici di pregio neoclassici: la chiesa di san Francesco, il palazzo Corrias Carta e il palazzo degli Scolopi. Nel centro storico, imperdibili altri monumenti: palazzo d’Arcais, chiesa di santa Chiara, raro esempio di architettura gotica nell’Isola, chiesa e chiostro del Carmine, in stile barocco-rococò, e la maestosa cattedrale di santa Maria Assunta, il duomo di Oristano, ‘sovrapposizione’ di vari stili architettonici con primo impianto del 1130.
Fenicotteri rosa – Foto Vittoria Attene
Le chiesette di san Sebastiano e san Martino sono le più caratteristiche ‘fuori dalla mura’. A pochi km dalla città si trova Torregrande, spiaggia oristanese per eccellenza, ampia e attrezzata per ogni divertimento. Qui spicca l’omonima torre spagnola, la più grande della Sardegna (1572). Accanto, al centro del golfo, sorge un moderno porto turistico, da cui partire alla scoperta delle splendide spiagge dell’area marina della penisola del Sinis.
Attorno al capoluogo affiorano gli stagni di Cabras e di Santa Giusta, dove si sviluppa l’industria ittica, che insieme a produzioni dolciarie e vitivinicole e artigianato (ceramica, legno e ferro battuto) sono base dell’economia locale. Le lagune sono il tratto dominante, il fattore che identifica questo lembo dell’Oristanese e ha segnato vita ed economia delle sue genti.
Chiesa di San Giovanni di Sinis – Foto Maida Caria
Un patrimonio oggi accuratamente tutelato: i 40 chilometri di costa dove si affaccia Cabras rientrano nell’area marina protetta del Sinis, dove splendide spiagge di quarzo si alternano ad alte falesie. La pesca tradizionale è sostentamento e risorsa culturale. Si pratica su is fassonis, barche di erba palustre intrecciata – usata anche per i cesti artigianali – testimoni di un’attività plurisecolare in acque ricche di anguille, cefali, mormore, orate e spigole.
La storica peschiera di Mar’e Pontis, col suo ittiturismo, è simbolo di un’area ideale per pescaturismo ed escursioni a vela, contornata da campagne e colline da perlustrare in mountain bike. È luogo ideale per appassionati di birdwatching: qui nidificano germano reale, fistione turco e fenicottero rosa. La cucina rimanda alle tradizioni: dalle uova dei cefali si ricava la bottarga, l’oro di Cabras.
All’estremità meridionale del golfo di Oristano, nella Sardegna centro-occidentale, sorge una delle più rilevanti e suggestive eredità archeologiche del Mediterraneo. Da non perdere Tharros e i suoi due millenni di storia: insediamento nuragico, emporio fenicio, fortezza cartaginese, urbs romana, capoluogo bizantino e capitale arborense.
Tharros – Foto Massimo Serra
Le rovine dell’antica città, fondata nell’VIII secolo a.C. e abbandonata nell’XI d.C., sono custodite in un “museo all’aria aperta”, anfiteatro naturale affacciato sul mare e delimitato dall’istmo di capo san Marco e dai colli della borgata di San Giovanni di Sinis e di su Murru Mannu (grande muso), in cima al quale si trova la testimonianza più antica, i resti del villaggio nuragico, abbandonato prima dell’avvento dei fenici. Resti di due nuraghi spuntano anche sul promontorio di san Marco, un altro è ipotizzato alla base della torre di san Giovanni, una delle tre – oltre a ‘torre vecchia’ e Turr’e Seu – erette a difesa del golfo dalla Corona spagnola (XVI secolo).
Perla delle tradizioni locali è l’ipogeo di San Salvatore, meta da cinque secoli della Corsa degli Scalzi, una delle feste sarde più suggestive. Piccolo villaggio sorto in un’area sacra sin da età nuragica e trasformato per oltre due decenni (1967-90), in set di ‘spaghetti western’. La somiglianza a paesaggi americani di frontiera ha fatto sì che fosse affittato a produttori cinematografici, diventando villaggio di Arizona o Nuovo Messico (saloon incluso) in film come ‘Giarrettiera Colt’ (1968).
San Salvatore – Foto Pino Dell’Aquila
La borgata medioevale, il cui aspetto attuale risale al dominio spagnolo, deve il nome alla chiesa di san Salvatore, che sorse nel secondo XVII secolo, eretta su un santuario preistorico scavato nella roccia. La chiesa è attorniata da sas cumbessias, piccole e disadorne abitazioni edificate a fine XVII secolo, adibite all’alloggio dei pellegrini durante le novene, in onore di san Salvatore, tra agosto e settembre. Il clou delle celebrazioni inizia all’alba del primo sabato di settembre con la Corsa degli scalzi, uno degli eventi identitari più suggestivi e sentiti della Sardegna. La processione coinvolge oltre 800 curridoris in saio bianco, che accompagnano a piedi nudi su un lungo sterrato il simulacro del santo dalla chiesa di santa Maria Assunta di Cabras alla borgata. E la riportano nella parrocchiale il giorno seguente.